Ciao, ho un piano infallibile per fare soldi, vuoi metterti in società con me?

Leggete il titolo di questo post. Ora immaginate che quelle parole le pronunci un editore, seduto nel suo ufficio, rivolto a un autore che ha sottobraccio le tavole di un libro a fumetti in cerca di una Casa editrice.
“Quanti ne ho sentiti, come te” penserà l’autore. “Tante promesse, tante lusinghe, ma soldi pochi, e tirature bassissime, e il mio libro non lo vedrò mai, nei negozi. Sigh. Se solo ci fosse qualcosa di meglio.”
Ora provate a immaginare che a pronunciare quella frase sia invece l’autore, che è venuto a far visita all’editore. Questi penserà: “Quanti ne ho ricevuti, qui, come te. Certi di aver fatto qualcosa di indiscutibilmente originale, e che il mondo non potrà non accorgersi di loro, e che basterebbe un generoso anticipo per convincerli a condividere quella sicura, futura fortuna con me. Sigh. Se solo sapessi quanto ti sbagli.”
La cosa più vera di questo scambio, da qualunque parte lo si voglia considerare, è che un autore e un editore si mettono in società, quando decidono di collaborare.

Ora, una digressione: la maggior parte delle Case editrici che stimo ha, sul proprio blog, diversi post sulla modalità ideale per sottoporre loro progetti, scritti, proposte. I post meglio scritti servono a indirizzare, informare, in certi casi dissuadere gli aspiranti dall’inviare il loro materiale. Questo post intende far riflettere i giovani autori (e anche qualche veterano) sulle modalità di collaborazione con un editore, ma non mi illudo che dopo la sua diffusione ci arrivino meno proposte e meno progetti. Mi consolo con il fatto che non sono io a leggerli, quando arrivano. Se il vostro progetto arriva fino alla mia scrivania, avete già fatto due terzi del lavoro.

Nei primi tre anni di vita di BAO, una sola volta ci è arrivato un progetto praticamente ultimato, l’abbiamo letto e abbiamo contattato l’autore per proporgli subito un contratto. Si trattava di Un lavoro vero di Alberto Madrigal. Un caso su novemila circa, dato che ci arrivano più o meno cinquanta proposte a settimana. Nella maggior parte dei casi non è il livello qualitativo il problema principale delle proposte (anche se, va detto, c’è una preoccupante tendenza a sopravvalutare il proprio livello di preparazione, in generale), quanto il fatto che non hanno alcuna possibilità di essere inserite plausibilmente nel catalogo della BAO.
Il che ci porta alla prima cosa che un aspirante autore (o un autore che aspira a pubblicare con noi) dovrebbe fare: domandarsi se il proprio progetto potrebbe essere valorizzato da questa particolare Casa editrice. Se la risposta è no, è necessario farsi un’idea più chiara di cosa cerchino le varie realtà editoriali di questo paese, per decidere a chi inviare il proprio progetto. Un suggerimento solo apparentemente banale: ciò che cercano spesso somiglia molto a ciò che già pubblicano. Sono rari i casi in cui un editore si lascia convincere a provare a battere nuove strade. Di solito, la sperimentazione nasce da un impulso interno, in cui è l’editore stesso a contattare gli autori “diversi” che potrebbe voler mettere alla prova.
In secondo luogo, la lettera di presentazione e il modo in cui viene esposto testualmente il progetto danno un’idea molto rapida a chi legge dell’atteggiamento mentale dell’autore. Ed è importante non sembrare pazzi, superficiali o privi di controllo della grammatica. È anche fondamentale saper sintetizzare per sommi capi i progetti in poche righe, perché ve lo devo confessare: non passiamo le giornate a mutilare le estremità di costosi sigari cubani con apposite piccole ghigliottine d’argento. Abbiamo molto da fare, siamo in pochi e non possiamo davvero leggere integralmente la vostra sceneggiatura di 131 pagine che è il solo testo che ci avete inviato.

In questo lavoro bisognerebbe essere bravi, simpatici e puntuali nelle consegne, ma ve la caverete sempre se sarete sempre almeno due di queste cose. In ogni caso, quando mandate un progetto non richiesto a un editore, armatevi di pazienza.

Diamo ora per scontato che abbiate inviato una lettera di presentazione accattivante, allegata alla quale c’era un proposal conciso e ben articolato di un progetto che all’editore interessa. Che cosa è giusto che vi aspettiate, in termini di proposte contrattuali, dalla Casa editrice?
Cominciamo con un distinguo: se la Bonelli vi incarica di scrivere o disegnare un episodio di una serie, vi ricompensa con una tariffa a pagina per il lavoro che svolgete su un personaggio e su una storia che non vi appartengono. Non avete diritto a una percentuale sulle vendite dell’albo da voi realizzato. Avrete solo quella tariffa a pagina.
Se invece andate da un editore di romanzi grafici con un vostro progetto, l’editore non può chiedervi di cedergli in toto i diritti del vostro lavoro. Questo perché in Italia, questa cessione, che in gergo legale si chiama buy-out, non è contemplata. Non è legale. Pertanto l’editore dovrebbe dirvi:

  • Quante copie pensa di stampare del vostro libro (anche se al momento di farvi la proposta ancora non lo sa di preciso, perché non sa quante gliene saranno ordinate dai distributori).
  • A quanto intende vendere il libro (il che implica che abbia un briciolo di chiarezza sul tipo di edizione che ne farà, sui formati e i materiali, sulla rilegatura).
  • Che percentuale sul prezzo di copertina intende riconoscervi.
  • Quanto intende darvi di anticipo su quella percentuale.
  • Che piano di marketing ha per il vostro libro.

Per esempio potrebbe dirvi: Stamperemo almeno duemila copie di questo libro. Lo venderemo a 15 euro. Ti propongo l’8% sul prezzo di copertina per tutte le prime duemila copie. Se ne stampiamo di più, ti propongo il 9% fino a cinquemila copie. Se proprio il libro va benissimo e superiamo le cinquemila, ti darò il 10% su tutte le copie dalla 5001esima in avanti. Ti offro intanto un anticipo di duemila euro su queste percentuali.

Diciamo che voi siete inclini ad accettare, ma avete qualche dubbio. Chiedete: E io come faccio a sapere quante copie vendi?
L’editore vi mette per iscritto che entro il 31 marzo di ogni anno vi farà rapporto scritto su tutte le copie vendute fino al 31 dicembre dell’anno precedente. Egli è tenuto a produrre, se lo chiedete, tutti i documenti contabili: le fatture di acquisto dal tipografo (che rivelano quante copie sono effettivamente state stampate) quelle di vendita ai distributori e quelle che indicano i corrispettivi, ovvero le copie vendute direttamente, tramite il sito web della Casa editrice, o direttamente al pubblico in occasione di fiere e saloni. Questi documenti devono essere in ordine a beneficio dello Stato, che ha facoltà di effettuare controlli, e quindi anche a beneficio vostro, che avete il diritto di sapere quanto effettivamente sia stato venduto di un vostro libro. I tre mesi di tempo dal 31 dicembre al 31 marzo servono a far sì che se ci sono resi dalle librerie generaliste, che possono restituire le copie invendute, l’editore abbia il tempo di conteggiare anche quelle copie nel calcolo dell’effettivo numero di copie vendute.
Digressione sul venduto: dovreste informarvi sulla qualità della distribuzione dell’editore che avete contattato. Vende solo in fumetteria? È presente anche nelle librerie generaliste? Le grandi librerie online hanno i loro titoli a catalogo? Chi cura la loro promozione libraria? Hanno un ufficio stampa efficace?
Tutte domande che si traducono in: Quali sono le reali possibilità che il libro venda più copie di quelle coperte dall’anticipo che percepirò e che io, quindi, guadagni dell’altro denaro da questa collaborazione?
Sono domande alle quali dovreste dare risposta perché, de facto, accettando la proposta di un editore, voi entrate in società con esso: la Casa editrice si sobbarca un rischio d’impresa corrispondendovi l’anticipo e affrontando le spese di stampa (ma anche, non dimentichiamole, quelle legate ai costi del personale che vi cura l’editing – di cui parleremo in un prossimo post – la grafica, l’impaginazione), ma voi vi sobbarcate un rischio tutto vostro: dovrete dedicare mesi della vostra vita alla realizzazione del libro, e date le dimensioni del mercato italiano attuale è improbabile che l’anticipo che riceverete vi basti a pagare tutte le spese della vostra esistenza per la durata della lavorazione del libro.

Sì, è proprio così. Il nostro lavoro è quello di portare il vostro lavoro davanti a più persone possibile, e di generare un profitto per voi e per noi. Non è compito nostro mantenervi. Potete avere la sicurezza economica OPPURE la proprietà della vostra opera. Non entrambe. Non succede mai. Però se il vostro lavoro avesse veramente successo, il modello contrattuale che vi ho descritto vi darebbe qualche soddisfazione. Mi viene in mente un autore a caso, che in due anni ha venduto duecentomila copie dei suoi quattro libri. Non è qualcosa che ho sentito dire: lo pubblichiamo proprio noi. Il suo successo è un misto di talento suo e abilità promozionale e commerciale nostra. Un patto di collaborazione, quasi una società, con rischi condivisi e suddivisione degli utili.

Che ci crediate o no, questa è la cosa migliore che vi possa capitare nell’editoria italiana del fumetto, se non volete lavorare su personaggi che non vi appartengono. E dovreste stare attenti a non lasciare che vi capitino le cose peggiori. Qualche esempio: un editore dalla distribuzione debole non venderà molto. È matematico. Uno che non ha un efficace ufficio stampa non vi farà avere recensioni e articoli al di là di pochi blog di settore. Uno che non vi segue nell’editing, aiutandovi a mettere in dubbio gli snodi critici della vostra storia e a rendere più fluida la narrazione e il linguaggio, non vi farà fare bella figura né più né meno che se stampasse male le pagine del vostro libro. Se poi vi viene proposta una percentuale molto bassa di diritti sul prezzo di copertina, sappiate che sotto il 3% in Italia un contratto non è valido, e che quindi quella percentuale è da considerare il minimo sindacale (ed è un minimo molto, molto triste, comunque). Molto meglio accettare un anticipo esiguo, ma a fronte di una percentuale più dignitosa. Significa scommettere sul possibile successo, invece che rinunciare al rispetto che l’editore vi dovrebbe sempre. E comunque non lavorate gratis, mai. E rifiutatevi di pagare per pubblicare. È immorale.

Insomma: il rischio inerente alla pubblicazione di un libro, soprattutto nel caso di autori esordienti o poco noti, va condiviso. L’autore è sicuro del potenziale del proprio lavoro e deve convincersi di aver trovato l’editore giusto per lui. L’editore sa di poter vendere bene un libro a patto che sia di alto valore qualitativo e deve convincersi che il progetto dell’autore ha i numeri per farcela in un mercato competitivo e a velocissima rotazione. È dovere di entrambi ambire al meglio.
Non accontentatevi. Noi non lo facciamo mai.

 

41 pensieri su “Ciao, ho un piano infallibile per fare soldi, vuoi metterti in società con me?

  1. Complimenti Michele!!!
    Questi post, così chiari e trasparenti, aiutano alla comprensione di un mondo sconosciuto a molti autori (anche a chi secondo me ha già pubblicato diverse volte) e permetto anche a voi di aver a che fare con gente più competente (e immagino che quindi comporti un risparmio di tempo).
    Ad esempio personalmente sapevo solo la prima parte della tua delucidazione, quello a riguardo dell’inerenza del proposal con la casa editrice e come fare al meglio la presentazione… Ora mi sento più completo!
    Grazie

    P.S: Potevi spiegarcelo qualche anno fa durante le tue lezioni… 😉

  2. Gran bell’articolo e gran bel blog, ricco di informazioni utilissime. Una domanda: nel caso di un progetto presentato da uno sceneggiatore insieme ad un disegnatore come vengono divisi i compensi?

      • Grazie per la risposta rapidissima e mi scusi se insisto sull’argomento ma è un’occasione troppo ghiotta per porre domande a cui non ho mai trovato risposta. C’è una suddivisione che lei ritiene possa essere equa? Sperando di facilitarle la risposta preciso che parlo ipoteticamente di due autori allo stesso livello, entrambi esordienti o entrambi famosi, è chiaro che se un Alan Moore dovesse lavorare con un disegnatore sconosciuto prenderebbe la fetta più grande, o almeno credo.

      • Puntuale nel senso cubico della parola! Bravo Michele!
        Un cent sulla suddivisione compensi tra scrittore disegnatore: di solito (nel senso che a me è successo così più volte sia a disegnatore che da sceneggiatore) la suddivisione è 30/70 in fase di produzione. 50/50 per ristampe eventuali. Poi tutte le deroghe possono essere concordate tra gli autori.

  3. Mi son ricordato solo ora di una domanda che volevo farti… ma sul vostro sito/blog/facebook non avete una sezione per la presentazione di nuove proposte (e quindi anche la modalità migliore (per entrambe le parti) di proporla)… non vi conviene aggiungerla per evitare un orda di proposte di qualsiasi genere e tipo?
    Ciao

  4. Complimenti, ottimo articolo. Andrebbe menzionata una terza via, che è l’autopubblicazione attraverso strumenti esistenti da anni (io ci vivo, in un settore simile, quello dei giochi di ruolo e simili, da oltre sette anni) che ovviamente richiede da parte dell’autore di farsi carico di tutte le funzioni dell’editore, a parte il rischio d’impresa che non c’è o è minimo (basta evitare chi ti chiede soldi per pubblicare, come giustamente indicate voi… dire che è immorale non convince nessuno secondo me, basterebbe dire che non serve a niente).

    Sarebbe molto carino se tutte le case editrici parlassero con la vostra franchezza. Si eviterebbero un sacco di delusioni ai giovani.

  5. Non per idolatria ma questo blog è sempre più utile, complimenti!
    Piccola domanda: conviene inviare il proprio lavoro solo a un editore per volta o anche due/tre massimo?

  6. Ciao,
    mi chiamo Michele e non disegno, ma scrivo. Non che ci sia una gran differenza, alla fine.
    Parlando con diversi editor, ultimamente, mi sono reso conto di una cosa che sembra venire percepita dagli autori solo con molta fatica: inviare (o presentare) un manoscritto è, né più né meno, presentarsi per un colloquio di lavoro. Bisogna andarci vestiti bene sapendo cosa si vuole ed anche cosa offre il datore di lavoro.
    Cioè bisogna sapere perché si è scritto quella cosa, perché l’editore dovrebbe pubblicarla, ed avere la stessa cura nella presentazione tanto quanto si va in giacca e cravatta e non in jeans e maglietta di una settimana.
    Esattamente come per le assunzioni spesso la risposta è: “le faremo sapere.” Inutile, dopo, passare le giornate in attesa davanti al telefono.
    A me sembrava una cosa molto ovvia: gli editori lavorano, non sono gli appassionati del circolo di lettura. Secondo te perché invece è percepita in maniera così diversa (tanto da doverne fare dei post)?

  7. ciao, apprezzo un sacco questo blog, che mi permette di capire meglio un mondo di cui vorrei far parte. mi veniva un pensiero.
    i progetti che vi arrivano immagino si possono suddividere in pochi grandi insiemi: quelli che hanno carenze nel disegno, quelli che hanno una storia banale, quelli dal tratto poco vendibile(manga) o di uno stile non pertinente alla casa editrice, quelli che sono fuori target, quelli che sanno troppo di già visto.
    e suppongo anche che la stragrande maggioranza dei progetti non passi oltre la prima valutazione di chi l’ha aperto.
    non sarebbe efficace quindi creare delle mail generiche di diniego e inviarle agli autori dei progetti che non vi interessano? magari con frasi diverse a seconda del problema. potrebbe sembrare più lungo, però questo dissuaderebbe gli autori a rimandarvi il medesimo progetto più volte, illudendosi che non sia stato letto o non capito, facendovi così perdere meno tempo, e magari i progetti successivi che proveranno a mandarvi non avranno la stessa problematica.
    parlo per esperienza personale, di autrice in erba, che se non avesse avuto un colloquio diretto coi vostri colleghi di atlantyca avrebbe continuato ad aggiornarvi, continuando a mancare il problema.

    ho lavorato come segretaria e questo sistema veniva utilizzato con successo. tanto le mail vengono lette lo stesso, si tratta di aprire la mail di risposta e fare copia incolla di un messaggio.

  8. Ciao Michele, ti ringrazio molto per questo interessantissimo articolo: trovo questa vostra iniziativa di aprirvi più direttamente e limpidamente al vostro pubblico un’idea fantastica.
    Mi farebbe piacere se in qualcuno dei prossimi post si parlasse anche della proposta editoriale di titoli stranieri, anche se so che ha molti punti in comune (almeno per quanto riguarda la presentazione) con quanto da te qui illustrato.
    Continuerò comunque sicuramente a seguire con attenzione questo blog, che già dai primi articoli si prospetta molto interessante.

      • Anche il discorso dell’acquisizione dei diritti dall’estero è sicuramente molto interessante e ti ringrazio in anticipo.
        Come traduttore, mi è capitato di presentarmi ad alcune case editrici con proposte editoriali di alcuni autori stranieri. Sarebbe interessante conoscere il vostro punto di vista e i dettagli sul “dopo”, secondo i vostri standard.

  9. Ribadisco i complimenti a questo blog che sta diventando sempre più interessante, e che si segue con piacere. I meccanismi interni al mondo editoriale, del fumetto e non, sono da sempre troppo nebulosi agli ‘esterni’, e apparentemente appannaggio dei soli specialisti. Anche per questo motivo vorrei fare una sorta di richiesta, che spero possa interessare anche altri: si parla spesso, e si è parlato anche qui, del modo migliore per un autore e un disegnatore di presentarsi alla casa editrice, ma che ne è delle tante professionalità addette ai lavori ‘dietro le quinte’? Quale potrebbe essere, a suo parere, il modo migliore per presentarsi se ci fosse un interesse per il lavoro di redazione, o per quello di lettering, di impaginazione o di editing (anche se per quest’ultimo, certamente, c’è bisogno di una gavetta ben più sostanziosa)?
    (Martina)

  10. Ciao, se un aspirante autore con molto talento si ritrova con un cognome ridicolo o antiestetico, voi, nel caso foste intenzionati a pubblicarlo, gli consigliereste di crearsi un nome d’arte?

  11. Oh, my god!… Su Sienkiewicz non l’ho capita 🙂
    No, pensavo che anche un cognome che “cala bene” ha una sua estetica. Ok, questo a primo impatto: anche Recchioni all’inizio mi sembrava uno sfigato, dopo si è fatto rispettare alla grande 🙂
    Ciao e scusa l’intervento del c….

  12. Bel post! Mi sorge una domanda, quante delle proposte che ricevete sono di autori esordienti / senza una formazione alle spalle? E quanti di questi vengono vagliati / contattati?

    • Guarda, non chiediamo sempre a chi ci manda progetti se siano già professionisti, ma la sensazione è che nell’80% dei casi siano in attesa di prima pubblicazione. Rispondiamo a tutti, sempre, ma finora progetti che ci siano arrivati completi e che abbiamo deciso di acquisire così, su due piedi, uno solo: era Un lavoro vero di Alberto Madrigal.

      • Allora rispondete anche me, vi prego! vi ho inviato il mio progetto il 5 maggio seguendo tutte le indicazioni ma non ho ricevuto feedback… però ci spero ancora!

      • Ma questo vuol dire che ce ne sono stati altri il cui progetto non era ancora terminato e con cui avete lavorato per completarlo o che il libro di Madrigal è stato l’unico a essere stato pubblicato fra le tante proposte che vi sono arrivate?

      • Guarda, che tu ci creda o no la maggior parte delle persone che ci scrivono si rivelano ancora incapaci (nel senso di immature professionalmente, beninteso) di completare un progetto, il che è un rischio che un editore deve stare attento a correre. Però cerchiamo sempre chi ci sappia stupire e convincere a fidarci!

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